Questa mattina su Eutekne è apparso un interessante articolo sull'esenzione ICI degli immobili concessi in comodato da parte degli enti ecclesiastici.
Mi sembra opportuno, anche per l'incarico che ricopro, rendere le osservazioni in esso contenute fruibili a tutta la comunità.
Nell'articolo si dice che gode del beneficio dell'esenzione ICI l’immobile di un ente ecclesiastico concesso in comodato a un altro ente non commerciale della stessa struttura
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25508/2015, è tornata nuovamente sulla questione dell’esenzione ICI per gli immobili ecclesiastici. Nel caso di specie la controversia concerneva l’impugnazione di tre avvisi di accertamento ai fini ICI, per gli anni 2005, 2006 e 2007, in relazione a un complesso immobiliare in Roma, di proprietà di una Fondazione di Culto con sede nello Stato della Città del Vaticano, e concesso in comodato d’uso gratuito a una Onlus, per perseguire le finalità di promozione, educazione e assistenza in favore di studenti universitari.
Per tali motivi, ad avviso della Fondazione, spettava l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i) del DLgs. n. 504 del 1992.
Dopo gli esiti della Commissione Provinciale e Regionale la Fondazione insisteva in Cassazione nel contestare che non avesse rilevanza il fatto che il bene in questione fosse utilizzato dal comodatario e non dal concedente, anche considerato che il comodatario, sostanzialmente, utilizzava il bene in attuazione dei compiti istituzionali dell’ente concedente, con il quale sussisteva uno stretto rapporto di strumentalità.
Per esperienza diretta posso dirvi che spesso ritroviamo il caso in esame. Ad esempio si può citare la Diocesi che dà in comodato alla Parrocchia per uso aule di catechismo o per uso Caritas. Oppure addirittura direttamente al proprio ente Caritas avente personalità giuridica diversa.
Ma torniamo al caso. Il motivo di ricorso in Cassazione, secondo la Suprema Corte, era fondato. Pur rilevando, infatti, come condizione necessaria perché spetti il diritto all’esenzione, il concetto di “utilizzazione diretta del bene da parte dell’ente possessore”, tale conclusione, viene precisato, vale solo nelle ipotesi di “locazione” del bene ad altro ente o di “concessione di beni demaniali”. In questi casi, infatti, la ratio della limitazione è individuabile nell’effetto distorsivo che, in tali situazioni, si determina rispetto alle finalità tutelate dalla norma (l’esercizio di attività “protette”), in quanto il bene viene utilizzato dal possessore per “una finalità economica produttiva di reddito” e non per lo svolgimento dei compiti istituzionali.
Altrettanto non poteva invece dirsi con riferimento al caso di specie, nel quale la Fondazione di culto e l’ente “concretamente utilizzatore” erano entrambi enti non commerciali e l’immobile era concesso in comodato gratuito e non in locazione onerosa.
Attenzione quindi. La locazione viene intesa sempre come attività commerciale...
In tal caso, inoltre, i “compiti istituzionali” realizzati mediante l’utilizzo dell’immobile erano previsti tra le “attività” giudicate “meritevoli” dalla disposizione agevolativa e comuni ai due enti, che li prevedevano entrambi tra le proprie finalità istituzionali.
Infine, tra i due enti esisteva un rapporto di stretta strumentalità nella realizzazione dei suddetti compiti, che autorizzava a configurarli come “realizzatori di una medesima architettura strutturale”.
Ne emergeva quindi una situazione, che, da un lato, escludeva quell’effetto distorsivo alla base dell’orientamento della Corte sulla necessità dell’utilizzo diretto da parte dell’ente possessore e, dall’altro, configurava una fattispecie assai simile a quella considerata nella risoluzione n. 4/DF del 4 marzo 2013, in cui l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i) del DLgs. n. 504 del 1992 spettasse nell’ipotesi in cui l’immobile è concesso in comodato a un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente per lo svolgimento di un’attività meritevole prevista dalla norma agevolativa.
La sussistenza del requisito sia soggettivo che oggettivo deve essere accertata caso per caso anche considerato che sarebbe del resto incongruo che lo Stato gravasse quelle realtà, ecclesiali e non, che perseguono fini di interesse collettivo.
La questione dell’ICI non tocca dunque, in questi casi, la concorrenza e non produce nessuna alterazione del mercato, perché riguarda ambiti, settori e servizi a cui il mercato non è interessato, e comunque svolti con modalità non imprenditoriali. E non è certo vero che gli obiettivi sociali perseguiti non contano.
Si noti infine che a tal proposito nel giugno 2008 la Commissione europea ha peraltro emesso un comunicato stampa, in cui la allora Commissaria responsabile della concorrenza ha dichiarato che lo scopo è di tutelare le riduzioni fiscali ... che si giustificano in vista del perseguimento di obiettivi sociali nell’interesse comune ...“. Questa è e resta dunque la ratio della spettanza dell’agevolazione fiscale.
A questo punto non resta che capire se la sentenza possa/debba applicarsi anche per la normativa IMU