La Legge di Stabilità 2015 ha previsto (Art. 1, comma 246) una nuova moratoria dei mutui e dei finanziamenti accordati alle famiglie ed alle micro, piccole e medie imprese.
In sostanza, si tratta della possibilità di sospendere il pagamento della quota capitale della rata dei mutui e dei finanziamenti, dal 2015 al 2017, secondo un'intesa da raggiungersi, entro fine marzo 2015, tra Ministero dell’Economia, Sviluppo Economico, Associazione Bancaria Italiana (ABI) e Associazioni delle imprese e dei consumatori.
In attesa che si definisse il nuovo quadro normativo, ABI e le Associazioni rappresentative del mondo imprenditoriale hanno prorogato fino al 31.03.2015 il termine di validità dell’Accordo per il Credito 2013, in scadenza al 31.12.2014.
Tale Accordo prevede – su base volontaria ma con forte connotazione di moral suasion - la possibilità che le Banche concedano alle imprese di sospendere per 12 mesi il pagamento della quota capitale delle rate di mutui e di leasing e di allungare la durata dei mutui fino a 4 anni e quella delle anticipazioni bancarie e del credito agrario di conduzione.
Le PMI che si trovino in tensione di liquidità, dunque, dovranno valutare se richiedere subito la moratoria ai sensi dell’Accordo per il Credito 2013, ovvero attendere che si definisca la (astrattamente più interessante, perché estesa fino al 2017) moratoria della Legge di Stabilità 2015.
Al momento, pare di capire che la preferenza vada nel senso della prima, anche su sollecitazione del Ceto bancario (con tutta probabilità, prevale la prudenza: anche negli affari vale l’ammonimento “chi troppo vuole, nulla stringe”).
Per accedere alla moratoria, occorre verificare con l’Istituto di credito alcune condizioni.
In primo luogo, poiché l’obiettivo principale della moratoria è agevolare le imprese “meritevoli”, è di regola (ma con molte eccezioni) necessario che la PMI sia in bonis, ovverosia che, rispetto all’intero sistema bancario (compresi i contratti di leasing, lease back e simili), non abbia debiti scaduti (tecnicamente impagati a scadenza) oppure sconfinanti (tecnicamente con utilizzi superiori agli affidamenti), posizioni ristrutturate o rinegoziate o, peggio, “in sofferenza”, così come non deve avere procedure esecutive in corso o altri pregiudizievoli.
In secondo luogo, occorre verificare l’effettiva convenienza della moratoria.
Senza scendere nel dettaglio delle diverse facilitazioni, si consideri, come esempio, il mutuo: poiché la maggioranza dei contratti prevede un ammortamento “alla francese”, ovvero con una rata costante comprensiva di una quota capitale crescente, ne deriva che più un mutuo è “giovane” e più la quota capitale della rata è contenuta. In questa situazione, il ricorso alla moratoria porta un beneficio limitato. Una situazione inversa accade per i mutui più “vecchi”, per i quali la rata comprende una quota capitale molto rilevante.