Con l’introduzione dei nuovi voucher è ancora possibile utilizzare il contratto di lavoro autonomo occasionale?
La domanda che in studio ci sentiamo dire spesso è: Dovrei eseguire una prestazione di lavoro autonomo occasionale: è ancora possibile? L’azienda può pagarmi più di 5.000 euro?
La normativa sui nuovi voucher, o meglio sulle nuove prestazioni occasionali, non incide sul lavoro autonomo occasionale, che a tutt’oggi è ancora pienamente utilizzabile. Si tratta, difatti, di tipologie di attività lavorativa completamente differenti.
In particolare, la prestazione occasionale, resa tramite il cpo (contratto di prestazione occasionale) o tramite il libretto famiglia, è assimilabile al lavoro accessorio, quello, cioè, precedentemente retribuito con i voucher, o buoni lavoro: non è assimilabile né al lavoro autonomo, né al lavoro subordinato (dipendente) o parasubordinato (cococo), ma è una tipologia di attività marginale e prettamente saltuaria, dunque non inquadrabile in nessuna delle tre categorie elencate.
Il lavoro autonomo occasionale, invece, è inquadrabile tra le attività autonome, esercitate, cioè, senza alcun vincolo di subordinazione né di coordinamento, come l’attività d’impresa e l’attività professionale: non richiede, però, l’apertura della partita Iva, in quanto l’attività è svolta in modo saltuario ed è priva del requisito dell’organizzazione e della professionalità.
In pratica, il lavoro autonomo occasionale e il lavoro autonomo con partita Iva, sia che si tratti di attività professionale, sia che si tratti di attività d’impresa, si distinguono in base all’organizzazione e all’abitualità nell’esercizio dell’attività.
I requisiti del lavoro autonomo occasionale
Parliamo di lavoro autonomo occasionale, in particolare, quando l’attività è esercitata in modo non abituale e senza un’organizzazione “minima”. Vero è che questi due concetti, cioè l’abitualità del lavoro e l’autonoma organizzazione, non hanno dei parametri precisi, perché non esiste un criterio generale che determini la saltuarietà, o meno, della prestazione, né l’esistenza di un’organizzazione: per valutare, quindi, se il lavoro autonomo sia effettivamente occasionale e non sia dunque necessaria l’apertura della partita Iva, ogni caso va analizzato separatamente.
Tetto massimo di compensi nel lavoro autonomo occasionale
Non esistendo dei limiti di compensi specifici al di sopra dei quali il lavoro autonomo non può più essere considerato occasionale, non sussiste alcun obbligo di aprire la partita Iva se si superano i 5.000 euro annui di ricavi: il superamento di questo limite obbliga soltanto il lavoratore all’iscrizione alla Gestione separata dell’Inps (l’aliquota contributiva è quella valida per i collaboratori, attualmente pari al 33,23%).
Possiamo parlare di lavoro autonomo occasionale, ad esempio, se si fatturano 7.000 euro per una sola prestazione saltuaria nei confronti di un solo committente.
Continuità dell’attività
Al contrario, se si ha un rapporto continuativo con un committente, anche se per pochi giorni e con una retribuzione scarsa, ad esempio 100 euro ogni mese per una prestazione di 2 giorni mensili, il requisito dell’occasionalità viene a cadere, in quanto si dimostra la regolarità e la “stabilità” della prestazione.