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Coronavirus: cosa devono fare imprese e professionisti
La diffusione in Italia del Coronavirus ha portato il Governo ad assumere, nelle ultime settimane, molteplici provvedimenti emergenziali. A prescindere dagli interventi di natura più strettamente tecnico-sanitaria, ordinanze, decreti legge e decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno previsto, per i datori di lavoro, nuovi obblighi di natura molto diversa tra loro. Sono dieci le regole principali che aziende e professionisti devono rispettare nei rapporti con dipendenti, fornitori, utenti o visitatori e nei confronti delle Autorità sanitarie (e non solo).
La diffusione del Coronavirus (COVID-19) è affrontata in Italia (dal Governo, dalle Regioni, dalle Autorità Sanitarie e da tutti gli Organismi pubblici coinvolti) con tempestive misure emergenziali sino all’ultimo (in ordine cronologico) DPCM del 4 marzo 2020. Al netto dei provvedimenti di natura più strettamente sanitaria, questi decreti, vuoi a fine di prevenzione del contagio, vuoi per ridurre gli effetti negativi sull’economia e sul lavoro della prima categoria di misure, costituiscono fonte – per un verso – di molteplici obblighi in capo a datori di lavoro e lavoratori e – per altro verso – di adempimenti semplificati (è il caso, per esempio, dello smart working e della CIG) che possano contribuire ad assicurare la continuità produttiva ed economica di molteplici realtà aziendali. Il tutto cercando, anche, di tramutare l’emergenza in una opportunità.
Quadro normativo in continua evoluzione
La rapida diffusione del Covid-19 in Italia ha colto “di sorpresa” il nostro Paese. Dalle prime Ordinanze del Ministro della Sanità del mese di gennaio, volte per lo più a bloccare i viaggiatori provenienti dalle aree infette della Cina e ad apprestare le prime misure sanitarie d’emergenza, il primo provvedimento rilevante è stata sicuramente la deliberazione del Consiglio dei Ministri che, il 31 gennaio 2020, ha dichiarato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale per sei mesi.
Questo provvedimento ha permesso di portare l’intera questione, dagli aspetti sanitari fino a quelli fiscali, previdenziali, assistenziali e, più in generale, giuslavoristici, in una sorta di “gestione a termine” e derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria (si vedano i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1° e del 4 marzo 2020).
Pur nella transitorietà delle misure (e nella elevata probabilità che le stesse rappresentino un work in progress soggetto a future modifiche ed aggiornamenti), è utile fare il punto sul quadro delle regole che aziende e professionisti devono rispettare nei rapporti con dipendenti, fornitori, eventuali utenti o visitatori e, da ultimo, con le Pubbliche Amministrazioni, considerando – tra queste ultime – sia le Autorità Sanitarie che le articolazioni periferiche del Ministero del Lavoro che, infine, l’INPS.
Le dieci regole principali per imprese e professionisti
L’attuale disciplina emergenziale pone – in capo ai datori di lavoro – oneri ed obblighi di natura molto diversa tra loro, che vanno dal rispetto di regole che possono definirsi comportamentali, ad obblighi informativi interni ed esterni per giungere fino agli obblighi di notifica alle Autorità sanitarie.
Vediamo, di seguito, i principali obblighi.
1. Aggiornamento del Documento aziendale di Valutazione dei Rischi (DVR)
Il DVR è il documento obbligatorio che, ai sensi dell’art. 28 del D. Lgs. 81/08, individua i possibili rischi presenti in un luogo di lavoro e serve ad analizzare, valutare e cercare di prevenire le situazioni di pericolo per i lavoratori. A seguito della valutazione contenuta nel documento, deve essere attuato un preciso piano di prevenzione e protezione con l’obiettivo di eliminare, o quantomeno ridurre, le probabilità di situazioni pericolose. Il responsabile del DVR è il datore di lavoro, che non può delegare questa attività (o, meglio, la responsabilità. Alla luce dell’emergenza Covid-19, ogni datore di lavoro che impieghi almeno 1 dipendente, dovrà valutare, in collaborazione con il “Medico Competente” e con il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), l’esistenza del rischio biologico specifico, legato al Coronavirus.
2. Aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi Interferenziali (DUVRI)
Ai sensi dell’art. 26, comma 3 del medesimo D. Lgs. 81/08, il DUVRI va contestualizzato all’interno di un contratto di appalto. Non è un documento legato ad una azienda ma ad una “attività” per il cui svolgimento cooperano due o più imprese che lo devono elaborare in coordinamento, definendo quali rischi apporterà la propria singola attività all’interno di quella complessivamente contrattualizzata In particolare, la redazione del DUVRI non sarebbe sempre obbligatoria, ma ai sensi del comma 3-bis del citato articolo 26 del D. Lgs. 81/08, lo diviene se vi siano rischi che comportino la presenza di agenti cancerogeni, chimici, biologici, o da atmosfere esplosive. E, quindi, è obbligatorio in un momento di emergenza sanitaria nazionale, ovviamente nei soli casi di appalto esterno o, comunque, di collaborazione con fornitori esterni all’organizzazione del datore di lavoro;
3. Distribuzione Dispositivi di Prevenzione e Protezione Individuale (DPI)
In relazione alla specifica tipologia di attività esercitata, ogni datore di lavoro dovrà dotarsi di adeguate quantità di DPI da fornire ai propri dipendenti e, se del caso, a pubblico/utenza/fornitori che abbiano titolo per accedere ai locali aziendali o a parte di essi. Quanto alla specifica emergenza Covid-19, nel computo dei quantitativi dovrà tenersi nel debito conto del fatto che – nello specifico – si tratta quasi esclusivamente di materiali monouso (come guanti e mascherini) e, quindi, soggetto a rapido consumo.
4. Collaborazione con le Autorità Sanitarie
Tutti i datori di lavoro devono prestare la massima collaborazione con le Autorità preposte. Nel dettaglio, i datori di lavoro dovranno comunicare alle Autorità Sanitarie qualsiasi dato o informazione di cui siano a conoscenza, in relazione a soggetti di cui sia noto il contagio, al fine di verificarne la diffusione e consentire, al contempo, adeguate misure di profilassi. Al riguardo, tuttavia, è fatto assoluto divieto, ai datori di lavoro, di operare raccolte di dati sanitari, sia dei dipendenti che con riferimento a pubblico/utenza, posto l’assoluto divieto previsto, in tal senso dalla normativa di tutela dei dati personali (GDPR). Solo le Autorità pubbliche preposte, sono autorizzate al trattamento dei dati sensibili senza il consenso dell’interessato.
5. Misure di disinfezione
All’interno dei locali aziendali e nelle zone accessibili al pubblico/utenza, devono essere resi disponibili erogatori di soluzioni disinfettanti per le mani.
6. Informazione
I lavoratori devono essere compiutamente e tempestivamente informati dai datori di lavoro in ordine alle disposizioni adottate dalle Autorità e/o dal datore di lavoro stesso per fronteggiare la diffusione dell’epidemia e per gestire eventuali casi di sospetto contagio. In caso di accessibilità da parte di pubblico/utenza, le medesime informazioni – o, meglio, quelle, specifiche relative alle regole da seguire durante la permanenza nei locali aziendali - devono essere fornite anche a tali ultimi soggetti in maniera chiara e visibile (p. es. mediante affissione delle informative predisposte dalle Autorità Sanitarie).
7. Differimento di meeting o riunioni che comportino assembramenti
Ai sensi del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 marzo 2020 (almeno) fino al 3 aprile 2020, deve essere differita ogni attività convegnistica e congressuale eventualmente programmata. Tale misura si aggiunge alla sospensione di qualsiasi forma di riunione in cui sia coinvolto personale sanitario o incaricato dello svolgimento di servizi pubblici.
8. Limitazione degli accessi alle sedi aziendali
Le aziende – fatti salvi i livelli essenziali di servizio per le amministrazioni ed i servizi pubblici – devono limitare al massimo l’accesso di soggetti esterni (visitatori, utenti, fornitori, ecc.) e comunicare espressamente (mediante affissioni agli ingressi e specifiche comunicazioni ufficiali ai fornitori, consulenti e/o collaboratori) la necessità di: a) limitare, per frequenza delle visite e quantità di soggetti, gli accessi alle sedi a quelli strettamente indispensabili; b) quanto ai fornitori e collaboratori, comunicare tempestivamente l’eventuale insorgere di contagi tra il personale dipendente, indipendentemente dall’effettivo accesso dello stesso alla sede, per poter porre in essere eventuali misure di profilassi ovvero interessare le Autorità sanitaria. Il tutto, nei limiti e nel rispetto del GDPR (come chiarito dal comunicato stampa del Garante della privacy del 2 marzo 2020).
9. Attivazione dello smart working
Il DPCM 4 marzo 2020 dà la possibilità (e le indicazioni del Ministero della salute “consigliano”) di assegnare – in ogni caso in cui sia possibile - il lavoratore a prestazioni lavorative in smart working. A tal fine il citato DPCM consente ai datori di lavoro - su tutto il territorio nazionale – di adibire i dipendenti allo smart working senza il preventivo accordo col lavoratore previsto ordinariamente dalla normativa in materia (artt. 18-23 L. 81/17). Si prevede tuttavia, l’obbligo di rispettare i “principi” della predetta legislazione e che tale deroga – allo stato – sia operativa solo entro il limite temporale del periodo di emergenza sanitaria (ad oggi fissato al 31 luglio 2020). Inoltre, a tal fine è stata predisposta – in forza del DPCM 4 marzo 2020 - una modulistica semplificata telematica, compilabile accedendo al sito del Ministero del Lavoro, all’indirizzo IP: https://servizi.lavoro.gov.it/ModalitaSemplificataComunicazioneSmartWorking/.
10. Annullamento delle trasferte lavorative
A meno di assoluta indispensabilità e fermi restando i limiti all’accesso (ed all’uscita) dalla zona rossa, devono essere annullate tutte le trasferte lavorative, privilegiando soluzioni telematiche di riunione. Al riguardo si consideri, ad esempio, che lOrganismo rappresentativo dell’avvocatura italiana ha deliberato che gli avvocati si asterranno dalla partecipazione alle udienze (almeno) nel periodo tra il 6 ed il 20 marzo 2020.
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In modo molto sintetico presentiamo un prospetto schematico del trattamento fiscale per le erogazioni a favore delle associazioni o società sportive dilettantistiche. Obbligatoriamente iscritta al CONI od al registro delle Onlus.
Soggetto erogante persona fisica.
Detrazione di imposta del 19%. Il limite massimo è previsto in 1.500 euro annui. L’importo massimo recuperabile sarà quindi pari a 285 euro. Il pagamento deve avvenire con mezzi tracciabili.
Se le associazioni sportive sono qualificate come Onlus la detrazione sale al 26% per un importo annuo massimo pari ad euro 30.000. Vi è comunque un limite massimo che è pari al 10% del reddito complessivo.
Soggetto erogante titolare di reddito di impresa, società o ente non commerciale
Detrazione di imposta del 19%. Il limite massimo è previsto in 1.500 euro annui. Il pagamento deve avvenire con mezzi tracciabili
Se le associazioni sportive sono qualificate come Onlus la detrazione sale al 10% del reddito di impresa per un importo annuo massimo pari ad euro 70.000.
La prossima entrata in funzione del registro del Terzo Settore modificherà drasticamente quanto sopra. Al momento è previsto che le persone fisiche potranno detrarre una somma pari al 30% delle erogazioni liberali effettuate con un massimo di 30.000 euro e comunque la liberalità non sarà riconosciuta sulle somme eccedenti il 10% del reddito complessivo.
Lo studio resta a disposizione per ogni approfondimento riteneste necessario.
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